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domenica 11 novembre 2012

Bands You should Know: Black Heart Procession #4


Eccoci arrivati alla quarta puntata della rubrica più interessante della domenica, dopo la messa ovviamente.
Loro sono i Black Heart Procession, vengono da San Diego e sono l'opposto dei Beach Boys in fatto di allegria, e scrivono ballate dal timbro cupo, desolato, evanescente con una base solida fatta di radici roots, country e blues.
La band nasce come side-project (a volte fanno proprio la differenza i side project). I due leader Nathaniel e Jenkins stanchi della loro band post-punk degli anni '90 si "introspettiscono" e fanno bene perchè troveranno una strada emotiva solitaria, come in quei noir dove succede poco, ma in quel poco succede tutto.
La loro carriera attuale conta 6 dischi, numerosi live anche in Italia e addirittura IL 24 MAGGIO 2010 sono venuti a Napoli a Lanificio 25 in una data che per gli "affecionados"avrà il ricordo di una data STORICA
Dopo aver mangiato la pizza la band fece un grandissimo concerto


su Youtube troverete un sacco di video del concerto NAPOLITANO


Il primo disco "1" getta le basi del loro sound zeppo di suoni dark, triste, spiazzante, alienante e presenta 2-3 canzoni molto interessanti e ben fatte.
Ma il passo più grande della gamba, il capolavoro, il disco che non ripeterai più, che ti potrebbe addirittura fermare una carriera perchè sazio del risultato raggiunto è il secondo disco della band "2"

Il disco "Two" o 2 (sul disco c'è un 2 iscritto in un cerchietto rosso) è un capolavoro artistico senza precedenti. Riprendo parte della recensione fatta qualche tempo fa su Ondarock perchè racchiude tutto quello che c'è da dire : Undici brani di straordinario intimismo, capaci di proiettare l'ascoltatore in una dimensione quasi autistica, dove il mondo circostante diventa come eclissato da un sole nero. Musica che va diritta all'anima, insomma.
Le sue radici affondano in anni di country, folk, blues, elettronica, mescolati da un gusto per gli arrangiamenti di grande eleganzaEd è proprio così. L'inizio del disco The Waiter #2 è una passeggiata in un parco di sera d'inverno, una serata senza slanci con il vento che la fa da padrone, il ricordo materializzato dei tempi andati.
Mi fermo nelle descrizioni, risulterei superfluo, inopportuno, forzato. Questo disco va sentito c'è poco da dire
I restanti dischi dei Black Heart Procession sono poca cosa, ripetitivi mi permetto di dire. Ma credo sia solo un problema di paragone con il loro disco migliore, autentica perla di fine millennio.

Ho detto tutto e niente in questo post e per questo vi lascio con una serie di canzoni di questa fantastica band





domenica 28 ottobre 2012

Bands You Should Know: Big Star #3



Per la terza puntata di quella che sta diventando una rubrica domenicale (ma non vi promettiamo che lo sarà), facciamo ancora di più un tuffo nel passato, per rendere omaggio ad una band che vi assicuro, dovreste conoscere.
I Big Star nascono nel lontano 1971 dall'unione di due grandi nomi della storia della musica: Alex Chilton (voce) e Chris Bell (chitarrista). Gli altri due membri del gruppo sono il bassista Andy Hummell e il batterista Jody Stephens. Nel 1972 esce il loro primo disco #1 Record, che dal punto di vista commerciale è un disastro. Bell lascia la band già prima del secondo disco, Radio City. La band si scioglie, vittima dell'insuccesso di pubblico e solo nel 1978 uscirà quello che secondo me è il capolavoro che ha consegnato alla storia Alex Chilton come uno dei più grandi songwriters, anche se forse tutti quelli che lo dicono oggi, non glielo hanno mai detto quando lui era ancora tra noi. Sto parlando di Third/ Sister Lovers. 
Parallelamente, la storia di Chris Bell è ancora più triste, è morto nel 1978 in un incidente d'auto. Di Bell è uscito nel 1992 un album postumo (riedito in versione speciale nel 2009), I am the cosmos, che sicuramente vale la pena di ascoltare (e mi riprometto di farlo presto).
Alex Chilton ha continuato a fare dischi anche dopo i Big Star, senza diventare famoso, anzi. Quando è morto, nel 2010, non avevi di certo raggiunto la fama, anzi non aveva neppure un'assicurazione sanitaria.
A proposito della sua carriera, c'è un bellissimo articolo di Joe Tangari su Pitchfork, "The Life and Music of Alex Chilton", da cui riporto queste bellissime parole: "In his later years, Chilton settled in New Orleans. He'd been planning to play at SXSW this past weekend, and seemed comfortable with his elder-statesman status. He managed to finally achieve some of the success on his own terms that had so long eluded him-- the world sometimes takes a while to catch up to a great artist." 
Resta vivo il ricordo della sua musica in tanti grandi artisti dei nostri tempi, che hanno speso parole importanti dopo la sua morte, parole che forse gli sarebbe piaciuto molto leggere, dato che tutta la sua esperienza coi Big Star era stata talmente fallimentare da un punto di vista commerciale da non fargli credere nemmeno più tanto nel valore della sua musica. Cito qualcuno che secondo me è riuscito ad esprimere bene cosa mancherà di lui, e cosa ci resta di prezioso. 

Chris Chu (Morning Benders): "Alex Chilton is such a pop dude at heart, and I love that through all the shit you can still always hear that. Listening to Big Star 10 years later, I’ve realized it’s that special voice that keeps me coming back. Alex was an incredibly honest songwriter, someone that could always make himself heard through all the muck, through all the fucked up record labels and band breakups, and somehow, nearly 25 years after Big Star had broken up, his voice and songs found their way to me, and I am forever grateful."

Will Sheff (Okkervil River):"Alex Chilton’s feel, as a singer and songwriter, is there’s sublime beauty in what I’m singing but I really seriously don’t care about you. And I love that about him, that snotty asshole delivery, paired with this obvious sublime, deep sensitivity of his soul. You can hear that it’s there in everything he does. He’s got a beautiful voice, but there’s something so guarded about it, and on that record it’s ragged, bleeding, open. He was creatively at the ultimate peak of his powers but writing from a place of despair. Not that the album was despairing, but there’s a way in which when you completely give up caring at all, you kind of throw your vanity in the toilet, and you’re like “Fuck it man. All I care about is making this and I don’t care if anybody hears it and, in fact, fuck anybody who even wants to hear it. I give up. I officially give up.” And sometimes when you do that it’s a wonderful thing, because you’re not making work that’s vain. You’re not making work that’s self-consciously striving for something, you’re just trying to make yourself happy, and I think that’s what comes through in that record."

Allo scorso Primavera Sound Festival c'è stato un tributo all'album Third dei Big Star davvero memorabile, con l'intervento di grandi artisti del calibro di Jeff Tweedy, Mike Mills (R.E.M.), Ira Kaplan (Yo La Tengo), Sharon Van Etten, e tanti altri. E' stato un omaggio davvero toccante ad un album troppo bello per restare nascosto. Oggi c'è anche una band tributo davvero d'eccezione, i Big Star Third, ed è appena stato presentato un documentario che non vedo l'ora di vedere : Big Star: Nothing Can Hurt Me.
Ma dopo tutto questo parlare c'è bisogno di ascoltare un pò di musica. Ho l'imbarazzo della scelta perché sono davvero tanti i pezzi bellissimi, ma mi darò un limite. Ne sceglierò solo quattro. E se dopo questi quattro pezzi non vi viene voglia almeno di ascoltare per intero Third, allora lasciate stare.

1. Thirteen

2. Kangaroo

3. Nighttime

4. Blue Moon

Ma voglio essere generosa, e vi lascio anche qualche link di cover illustri e soprattutto belle

Jeff Tweedy che canta Blue Moon al Primavera

Elliott Smith che canta Thirteen

Elliott Smith dal vivo che esegue Nighttime

Dream Lover al Primavera Sound, da brividi

una cover carina di un gruppo sconosciuto


E vi dico anche che esiste un cofanetto stupendo dal nome stupendo che è
http://pitchfork.com/reviews/albums/13444-keep-an-eye-on-the-sky/?utm_campaign=search&utm_medium=site&utm_source=search-ac

E direi che può bastare. A domenica prossima!

domenica 21 ottobre 2012

Bands You Should Know: Pavement #2


La seconda puntata di questa rubrica prevede un passo indietro, a scoprire (per chi non lo avesse già fatto) uno dei fondamentali di una cultura musicale "indie-rock" che si rispetti. Fare una bio dei Pavement sarebbe forse un intento troppo ambizioso per me, anche perché c'è chi l'ha già fatto, e molto bene. Il mio intento sarà più quello di farvi ascoltare qualcosa, e di farvi venire (spero) una gran voglia di ascoltare poi tutto.
1992-1999.
Il tempo di fare cinque dischi che hanno cambiato la storia della musica, senza diventare delle star, ma preoccupandosi soprattutto di scrivere grandi canzoni. Con grande semplicità, e anche grande ironia, come è facile intuire guardando i videoclip molto divertenti e anche leggeri, se pensati in un contesto musicale come quello del grunge che si prendeva molto sul serio.
Nel 1992 nasce Slanted and Enchanted, che apre con questa Summer Babe, che è un ottimo indizio di quanto talento ci sia nel songwriting di Stephen Malkmus, che io definisco sempre "il più grande frontman di tutti i tempi" (Thom Yorke, perdonami)... ma io sono di parte, perché i Pavement li adoro. Ed è anche un grande chitarrista, ed un uomo molto elegante.


Primo disco che vede anche un pezzo MERAVIGLIOSO come Here


1994 : nasce un Crooked Rain, Crooked Rain, l'album perfetto, il classico disco da 10 pieno, dove ogni pezzo è capolavoro. Qui sono brava, e vi regalo un full album. Se però non avete tempo, correte ad ascoltare Gold Soundz, la migliore canzone indie-rock di tutti i tempi (e non sono solo io a pensarlo.) E poi i Pavement vestiti da Babbi Natale nel video sono troppo carini.Devo menzionare anche Stop Breathing.


1995: nessuno li può fermare. Esce Wowee Zowee. Sentite un pò con che pezzo apre. Un disco spiazzante, che ha veramente di tutto all'interno, supera ogni confine di genere, a tratti spiazzante, decisamente sottovalutato, ma per molti (per chi i Pavement li ha ascoltati dall'inizio alla fine) il capolavoro assoluto della loro produzione (io resto troppo indecisa perché Crooked Rain è Crooked Rain).
We Dance...
un ballata spettacolare, magia pura.


Wowee Zowee ci regala tanti altri capolavori, io vi faccio ascoltare anche questa Grounded


1997, il nuovo arrivato a casa mia, Brighten The Corners, un disco che non pensavo fosse così bello, e ne ho ascoltata ancora soltanto la prima metà e wow! Vi metto un solo pezzo perché sennò il post viene chilometrico e mi mancano ancora cose. E poi qui c'è il videoclip di Spike Jonze, Shady Lane


1999: l'ultimo album, Terror Twilight. Con questo pezzo dal testo incredibile. Una grande canzone d'amore, di quelle serie. 



E poi nel 1999, la band si è sciolta. E anche se siamo tristi di questo, la sensazione è che la loro avventura artistica sia davvero completa. Anche se nel 2010 sono tornati insieme per una tourné da vivo, e insomma.. chi può mai dirlo! Se però tornano  a suonare, vanno visti assolutament dal vivo. Stephen Malkmus è ancora attivo con i The Jicks, ma quello è un capitolo di cui parleremo in un'altra occasione. E poi tutta la loro discografia è stata ripubblicata con delle edizioni speciali doppio disco che sono fatte veramente bene, e piene di inediti e rarità.Un'ultima cosa che voglio dire è che i Pavement sono forse l'unica band il cui Best Of ha un senso compiuto, uno per la scelta delle canzoni,  e due per la scelta del titolo, perché Quarantine the Past, per chi può apprezzarne il senso e sa da dove viene, è una delle frasi più significative che ho incontrato in una canzone. E da questa bella recensione di Pitchfork, vi lascio con queste parole azzeccatissime sui Pavement, che avrei voluto saper scrivere io!
"In terms of rock archetypes, Malkmus is a true original. He's erudite but bratty, laid-back yet buttoned-up. He's an inscrutable goofball, a pragmatic romantic, an aloof charmer. His music is loaded with references to cultural history-- one of these songs is an imaginary history of R.E.M.-- but his nerdy impulses and arty affect is consistently overwhelmed by his casual coolness. There's an impossible ease and haphazard grace to this music. A lot of bands work very hard to make you appreciate their meticulous craft or browbeat you with hooks, but Pavement tossed off brilliantly composed pop songs with a shambling, carefree swagger. They made it sound easy, and maybe it was. "

sabato 6 ottobre 2012

Bands You Should Know: The Walkmen #1

Questo sarà il primo di una serie di post dedicati a delle band che secondo noi meritano di far parte della vostra colonna sonora.
La prima puntata la dedichiamo ad una band che è stata la nostra fissa dell'estate (e ci ha permesso di sopravvivere all'inquinamento acustico da Gustavo Lima ahhauhauhuhau)
Loro sono i The Walkmen e vengono un pò da New York un pò da Philadelphia. Non sono nati ieri, sono già attivi da dieci anni e al loro settimo album, noi li abbiamo scoperti con Lisbon (2010), ma ci hanno conquistati totalmente con l'ultimo album, Heaven, uscito in primavera. Un disco di cui è facile innamorarsi già alla prima traccia, un pezzo che ha un testo meraviglioso e speciale. E' difficile non sentire i brividi con la voce bellissima di Hamilton Leithauser che canta "Oh, golden dreams all lose they're glow / Oh, I don't need perfection, i love the whole /Give me a life that needs correction / Oh, Nobody loves, loves perfection..." 

"We' ll never leave
We can't be beat
The world is ours..."

Si sente subito che si tratta di un album in cui nulla è stato lasciato al caso. I Walkmen hanno voluto come produttore Phil Ek perché colpiti dal suo lavoro sugli album dei Fleet Foxes, soprattutto Helplessness Blues; Ek ha prodotto tanti bei dischi, uno su tutti Chutes Too Narrow dei The Shins.
Le tracce n.1, 9, 12 e 13 vantano la presenza di Robin Pecknold ai cori. 
Un disco confortante, dolce, rassicurante, e anche molto divertente, che restituisce o rinforza la fiducia nell'amore e nelle cose belle della vita. Forse farà anche bene ascoltare un disco pieno di vera e sincera vitalità, in un panorama musicale dove spesso i dischi più belli sono quelli pieni di discorsi esistenziali e delusioni. Questo aspetto della loro scrittura forse riflette anche la stabilità emotiva dei cinque membri della band, che sono tutti dei papà. 
A proposito del frontman, riportiamo le parole della recensione di Heaven su PitchforkIt helps that Hamilton Leithauser, with his oddly aristocratic presence, remains a magnetic frontman even when he's basically taking a song to make goo-goo noises at his one-year-old daughter (the lovely if borderline-saccharine "Song for Leigh".  Non sapremmo fargli un complimento migliore.

"Love is Luck", dicono. E l' amore che ci raccontano è quello che dura tutta la vita. L'amore che porta alla felicità, non alla sofferenza. La title track, Heaven, parla proprio di questo, di storie d'amore da raccontare ai propri figli.

Our children will always hear
Romantic tales of distant years 
Our guilty age may come and go 
Our crooked dreams will always flow 

Stick with me 
Oh you're my best friend 
All of my life 
You've always been 

Remember remember 
All we fight for 
Remember remember 
All we fight for 

Don't leave me 
Oh you're my best friend 
All of my life 
You've always been 
Don't leave me now 
You're my best friend 
All of my life 
You've always been 

Remember remember 
All we fight for 
Remember remember 
All we fight for.

Vi lasciamo con qualche bel link, perché sicuramente adesso avrete voglia di vedere e ascoltare